Il coping del bambino

IL COPING DEL BAMBINO

 PRIMA, DURANTE E DOPO LA NASCITA

 Il ruolo del cortisolo negli imprinting perinatali

Il bambino è una persona fin dal suo inizio, che si forma e struttura attraverso l’apprendimento. L’apprendimento gli permette lo sviluppo di risorse e di capacità di adattamento progressive e, in particolare modo, la formazione del suo cervello. I canali e ritmi biologici gli forniscono gli input ad un coping adeguato rispetto alle necessità dei singoli momenti e delle singole fasi del suo divenire, del suo nascere, del suo crescere e legarsi. Le competenze endogene che man mano sviluppa, gli forniscono gli elementi per un coping di successo.

Il cortisolo, ormone della sopravvivenza e dell’adattamento biofisico gioca un ruolo importante nel regolamento delle risposte adattative, delle capacità di coping e nello sviluppo sano del cervello. Un ritmo fisiologico del cortisolo favorisce un coping attivo, mentre un ritmo disturbato del cortisolo inibisce gli stimoli vitali e induce depressione, passività. Il bambino sano è in grado di dare delle risposte adeguate agli stimoli esterni e interni in modo propositivo, mentre nel bambino con alti livelli di cortisolo questa capacità è sostituita da reazioni istintive del sistema attacco o fuga: o il bambino diventa aggressivo o si chiude in sé.

 

In questo articolo andiamo a vedere insieme, come agisce il cortisolo nel complesso processo di adattamento del bambino e quali sono le sue modalità di coping.

 

Il cortisolo:

Il cortisolo è un ormone, prodotto finale di una catena che parte dalla molecola POMC (pro-opio-melanina-corticotrope- hormon), un precursore di diversi ormoni, prodotta nell’ipotalamo, nell’ipofisi, in tutto il cervello e nelle cellule immunitarie, ma è anche abbondantemente presente nel cordone ombelicale, nell’endometrio e nel liquido amniotico. Dal POMC si forma, tra altre sostanze, il CRH (ormone corticotropo), che stimola l’ipofisi a produrre l’ACTH. L’ACTH va ad attivare (tra altro) la corteccia surrenale ed eccoci alla produzione di cortisolo.

 

Le funzioni fisiologiche

Le funzioni del cortisolo sono multiple. E’ un ormone centrale per la nostra sopravvivenza. Regola l’adattamento alle “fatiche” della vita, ci da la forza per affrontare le situazioni, è quindi alla base biologica del coping, ci protegge da aggressori sia di tipo infiammatorio che esterni. Ma, nel suo insieme è un regolatore di tutto l’organismo, un regolatore degli altri cicli ormonali e delle riposte emotive ai fattori stressanti. Si potrebbe dire che comanda l’orchestra ormonale di tutto l’organismo. Non solo, regola anche le funzioni principali dei sistemi immunitario e neurovegetativo. Fornisce l’energia necessaria per affrontare la giornata, offre la capacità di resistenza, regola il metabolismo, mobilita gli zuccheri, protegge dalle infiammazioni, favorisce i processi di guarigione delle ferite.

 

I livelli e ritmi

In condizioni di omeostasi il cortisolo segue un ritmo circadiano che  trova il suo picco verso le 7 del mattino, si mantiene alto fin verso le ore 17, poi comincia gradualmente a scendere per raggiungere i livelli più bassi nella notte. Quando il cortisolo è più alto siamo svegli e attivi. Predomina l’ortosimpatico. Quando è più basso, si animano le funzioni vegetative e il sistema immunitario. Predomina il parasimpatico. Ecco perché ai bambini piace, poppare di notte: la mamma è più rilassata, trovano più enzimi, ormoni e cellule immunitarie nel latte, la prolattina è più alta. Per lo stesso motivo i travagli iniziano volentieri dopo le ore 17 e prima delle 7 del mattino.

Spostamenti di questi ritmi creano insonnia notturna e sonnolenza diurna. Spesso questo succede in presenza di forti infiammazioni, o infiammazioni croniche, nonché in presenza di distress. Il bambino piccolo, per imparare a dormire di notte, ha bisogno di regolare il suo ciclo di cortisolo in modo fisiologico. Ciò succede però solo dopo i tre mesi, quando un altro ormone, regolatore e maestro dei ritmi, comincia a prodursi: la melatonina e ci vogliono circa 4 anni prima che raggiunga un ritmo stabile, simile a quello di un adulto.

Il ritmo del cortisolo è un ritmo guida per altri cicli e pulsazioni ormonali. Quando è fisiologico, anche gli altri ormoni funzionano bene. Quando i livelli di cortisolo salgono o sono cronicamente più alti, alcuni ormoni vengono aumentati e altri inibiti (quelli sessuali per esempio).

Il distress cronico tiene i livelli di cortisolo più alti in modo costante, ma sopratutto  ne  disincronizza il ritmo. A questo punto perde i suoi effetti benefici e crea degli squilibri in tutto l’organismo, la cui estensione e gravità aumenta con la durata e l’intensità della condizione di stress. Anziché svolgere una funzione stimolante, produce un’azione inibitoria sui sistemi endocrino, immunitario e neurovegetativo/emozionale. E, naturalmente sul processo riproduttivo in tutte le sue fasi.

 

Il cortisolo in gravidanza

Il bambino feto, sempre in condizioni fisiologiche, non produce ancora cortisolo. La sua ghiandola surrenale, pur essendo il primo organo che viene protetto in caso di distress, è silente fino a circa 4-6 settimane prima della sua nascita. Se la mamma subisce degli stress più o meno intensi, ma alternati a fasi di benessere, la placenta è in grado di neutralizzare catecolamine e cortisolo in eccesso e di proteggere il bambino dalle sue oscillazioni. In realtà la placenta è piena di cortisolo, ma a livelli di stimolazione fisiologica e con funzioni di regolamento dell’adattamento.

Se la madre dovesse subire uno stress acuto, un trauma, o se si trovasse in condizioni di estrema fatica duratura, catecolamine e cortisolo passano la placenta e raggiungono il bambino. Nel caso acuto esso reagisce con movimenti agitati, spinto dalla carica energetica dell”attacco”, per poi, una volta scaricato la tensione, tornare alla calma e al riposo. Per un giorno o due si muoverà molto poco, poi tornerà all’omeostasi.

Nel caso di tensioni croniche, il bambino comincia a rispondere agli stimoli pungolanti con l’attivazione prematura della sua ghiandola surrenale. Costretto a produrre il suo cortisolo prima del tempo, in una fase in cui il suo sistema nervoso si sta formando e connettendo, può dedurre due cose:

la prima – sto maturando i polmoni per respirare, non ricevo più abbastanza cibo, è l’ora di uscire da qui – e innesta un parto prematuro;

la seconda – nella costruzione del suo cervello organizza circuiti che si basano su quel dosaggio di cortisolo, quindi ora e in futuro avrà sempre bisogno di questo tipo di stimolazione per funzionare. Si crea una specie di dipendenza da stress. L’agitazione sostituisce l’omeostasi. Un bambino con questo tipo di imprinting prenatale, agitato dopo il parto, sarà difficile da calmare, perché l’agitazione è il suo stato normale. Poi vedremo che l’allattamento potrà aiutare nell’abbassare e contenere i livelli di cortisolo. L’imprinting cortisolico precoce imprime anche modelli emozionali e comportamentali in risposta a situazioni stressanti future che, se regolati su alti livelli di cortisolo, richiameranno sempre quella condizione.

Con questa dinamica si trasmette anche la violenza. Chi l’ha subita, tendenzialmente la fa. A menoché non venga attivato un intervento per restituire al bambino piccolissimo delle strategie di coping fisiologici.

In condizioni di fisiologia, il bambino attiva gradualmente la sua surrenale alcune settimane prima del parto, quando la placenta comincia a ridurre lentamente la sua funzione e a cambiare dal contenimento verso l’espulsione. Si creano dei “ministress”, il bambino comincia a entrare nella polarità e necessita quindi di nuove strategie di adattamento, ecco perché entra in gioco il cortisolo. Più si avvicina alla fine del suo ciclo endouterino, e più aumentano i suoi livelli di cortisolo.

Le contrazioni di Braxton Hicks, che lo spingono periodicamente nel piccolo bacino materno, esercitando una lieve compressione sulla sua testa, ne fa aumentare ancora i livelli. Pian piano la sua forza cresce, fino a raggiungere la capacità di spingersi decisamente verso l’uscita. Quando i polmoni sono pronti per il respiro e lui carico di forza per il parto, manda un messaggio ossitocico alla mamma per dirle: “io sono pronto” e il travaglio inizia.

Anticipare questo momento attraverso interventi esterni, significa un bambino più debole con minori capacità di adattamento e coping e alti livelli di cortisolo post parto. Tirarlo fuori dall’utero senza travaglio significa lasciarlo con la carica alta pre-parto, senza la possibilità di scaricarla.

 

Il cortisolo durante il parto

Nel travaglio, mentre il bambino scende nel canale da parto e la sua testa viene sempre più compressa, il cortisolo e ora anche le catecolamine aumentano, formando l’adrenalina fetale, una composizione di noradrenalina e adrenalina unica nella vita, ad altissima concentrazione, adatta a proteggere e sostenere lo sforzo della nascita senza pericoli. La mamma, attraverso le doglie fisiologiche, produce anche lei altissimi picchi di catecolamine, alternati a livelli altissimi di endorfine che raggiungono il bambino e lo sostengono nei suoi sforzi. La mamma quindi accompagna e sostiene la fisiologia fetale, il bambino. Se lei per esempio opta per l’epidurale, lascia il suo bambino da solo, deve fare il lavoro del parto da solo, senza questo suo sostegno biologico.

In un bambino tirato fuori tramite un cesareo elettivo, la spinta energetica del cortisolo e delle catecolamine preparatorie rimane alto nel tempo, perché il bambino non è riuscito a scaricarla attraverso la partecipazione attiva al suo nascere. Così una spinta fisiologica si trasforma in un distress cronico. Spesso si può osservare che il bambino continua a fare dei movimenti propulsivi nella culla, nel tentativo di scaricare la tensione.

Gli altissimi livelli di catecolamine e cortisolo, che in condizioni fisiologiche rimangono alti ancora per due ore dopo il parto, permettono al bambino una buona transizione dal mondo intrauterino a quello extrauterino. Ne proteggono il metabolismo, la respirazione, il cambiamento cardiocircolatorio, lo orientano, gli danno la forza per trovare il seno, il cappezzolo e per sapersi attaccare, lo rendono in grado di promuovere attivamente l’attaccamento – tutte azioni fondamentali per la sopravvivenza e il coping.

Un coping fisiologico del bambino al momento della nascita crea un imprinting importante per la sua autostima e fiducia in sé e nella vita. L’alto dosaggio delle catecolamine rende l’imprinting fisico e relazionale profondo, talmente profondo che rimarrà impresso per sempre e creerà il tono di base verso gli altri e verso le proprie percezioni corporee.

Quando il parto è stato stressante, traumatico o assente (cesareo elettivo, in parte l’epidurale), la condizione del bambino nato cambia, come anche i suoi bisogni. Le sue capacità adattative saranno ridotte, la sua condizione di allerta minore, la sua capacità di avviare la relazione assente. Se il bambino stesso nasce in uno stato di distress, ha assolutamente bisogno di essere tranquillizzato e contenuto dalla madre. Se al suo distress si aggiunge una separazione, facilmente cade in depressione con il conseguente aumento statico dei livelli di cortisolo, o peggio ancora, una loro caduta a picco e con un conseguente rischio maggiore per la sua salute. E’ stato visto che lo stress da separazione precoce riduce (tra altro) i linfociti.

Nascere con i livelli di cortisolo troppo alti o troppo bassi è un trauma per il bambino.

Ma se la sua condizione durante la gravidanza e dopo la nascita è nei limiti delle oscillazioni fisiologiche, il recupero è ampiamente possibile. Le conseguenze a lungo termine sono più legate ai processi nel tempo che al singolo momento del parto. Ecco perché la continuità dell’assistenza da parte di un’ostetrica di fiducia sarebbe tanto importante ed efficace.

 

Dopo il parto: l’attaccamento e i sistemi fisiologici

L’attaccamento per il bambino è una necessità vitale per poter sopravvivere nel mondo esterno. Come cucciolo umano nasce prematuramente ed ha ancora bisogno di un “utero materno” esterno fino al raggiungimento di sue capacità autonome di coping. I livelli di cortisolo nel bambino piccolo sono legati alla modalità dell’attaccamento.

Gli studi di Bowlby e della Ainsworth hanno definito diversi stili di attaccamento:

l’attaccamento sicuro, che si crea attraverso l’attenzione ai segnali che il bambino manda e il rispondere adeguatamente (danza simbiotica), la capacità di entrare in empatia con il bambino

l’attaccamento insicuro, evitante, che si crea quando istintivamente la mamma si ritira di fronte alle richieste del bambino, un fenomeno spesso presente quando ci sono le ragadi,

l’attaccamento insicuro, ambivalente, che si crea quando la disponibilità materna è oscillante tra disponibilità e rifiuto in modo discontinuo e imprevedibile

l’attaccamento disorganizzato, che si crea quando la mamma è fonte contemporaneamente di conforto e di minaccia.

Tutto ciò naturalmente vale anche per i padri.

Oggi sappiamo che solo l’attaccamento sicuro garantisce una ritmicità fisiologica del cortisolo e con esso uno sviluppo sano del cervello e del sistema immunitario. Una recente ricerca (Piccardi 2007) ha rilevato che le cellule NK (natural killer) sono decisamente più alte nelle persone con un attaccamento sicuro, rispetto a quelle con un attaccamento insicuro evitante.

Bambini con un imprinting prenatale di cortisolo alto e un attaccamento insicuro tendono a regolare tutto il loro sistema di adattamento su alti livelli di cortisolo. Questo produce a medio e lungo termine:

–       scompensi nella modulazione neuroendocrina della regolazione dello stress, nella regolazione dell‘asse ipotalamo- surrenale,

–       alterazioni dei recettori centrali per gli ormoni glucocorticoidi nell‘amigdala, nell’ippocampo, nella regione prefrontale – meno recettori ci sono, più si riduce il feedback di inibizione del cortisolo e più alti devono essere i livelli di cortisolo nel sangue prima di innestare il feedback per lo stop

–       altera i recettori per il CRH e l‘AVP (arginino- vasopressina) nel nucleo paraventricolare dell‘ipotalamo.

Queste funzioni e strutture centrali regolano il comportamento sociale ed emozionale. Quindi  questi scompensi significano un‘alterazione delle risposte emozionali, neuroendocrine, immunologiche e psicologiche nonché del comportamento reattivo e sociale.

Se la condizione dura nel tempo, l’alterazione diventa permanente. Il bambino diventa iper- o iporeattivo e la relazione con lui difficile.

Qui ci troviamo già in un circolo vizioso.

Una madre che ha vissuto la gravidanza in una condizione di distress, quindi presumibilmente senza sufficiente sostegno, tenderà ad offrire al suo bambino modalità relazionali confuse, instabili, da cui consegue un attaccamento insicuro o disorganizzato. L’attaccamento insicuro aumenta ulteriormente la tendenza negativa e fissa maggiormente gli scompensi. Fino a stabilizzarli definitivamente attorno all’anno di vita.

E’ stato visto che due bambini di fronte a una stessa situazione avversa reagiscono con differenti livelli di cortisolo, quindi di grado di distress in base a come si è regolato il loro sistema di risposta e adattamento nel primo anno di vita. Bambini che erano esposti ad alti livelli di cortisolo reagivano con livelli molto più alti rispetto ai bambini che avevano bassi livelli di cortisolo nella fase primale, pur essendo l’intensità dello stressore la stessa.

 

Gli effetti a lungo termine nelle competenze relazionali

Un occhiata rapida ai problemi dei bambini in età scolastica e degli adolescenti ci apre una panoramica su problematiche oggi molto frequenti come aggressività incontrollata, dislessia, difficoltà dell’apprendimento, difficoltà di memoria, passività e apatia, depressioni infantili, suicidi infantili (in aumento), consumo di droghe ecc. Sono tutti sintomi di problemi dati da scompensi della funzione cerebrale e delle funzioni regolatorie generali. La Gerhardt descrive l’essere umano come un organismo autoregolante.  Prima però di raggiungere la capacità di autoregolazione, dice, occorre passare attraverso una fase di dipendenza soddisfacente e di apprendimento.

Per l’apprendimento e la soddisfazione occorrono le endorfine, che vengono attivate in una relazione felice. I disturbi cronici dell’autoregolazione hanno origine nel periodo primale e creano malattia.

Un ruolo importante riveste l’ippocampo, che subisce importanti conseguenze per lo stress.

Organizza la memoria, guida l’apprendimento, conserva le memorie inconsce, con la facoltà di elaborarle attraverso la sua connessione con la zona orbito-frontale. Esprimere le emozioni in parole è stato riconosciuto come coping utile per scaricare lo stress.

L’ippocampo è un calmiere del cortisolo, regola l’attività delle surrenali attraverso feedback con l’ipotalamo, al quale indica il momento in cui ridurre la produzione di ACTH e quindi di cortisolo. Più recettori per il cortisolo possiede l’ippocampo, meno cortisolo circolante è necessario per raggiungere i livelli dello stop. Sotto stress cronico, l’ippocampo perde questa capacità di ridurre le catecolamine. Il cortisolo che invade il cervello durante fasi prolungate di distress ha un effetto tossico sulle cellule dell’ippocampo e può produrne l’atrofizzazione, con conseguenti problemi anche di apprendimento e relazionali.

Inoltre l’eccesso di cortisolo riduce i livelli di serotonina, che a sua volta può ridurre la crescita di nervi nuovi nell’ippocampo, compromettendo la sua capacità di recupero, oltre che influire sulle emozioni.

Il vicino amigdala conserva anch’esso le memorie inconsce, sopratutto quelle legate a un eccitazione forte, ai traumi, alla paura e alla rabbia, senza però la possibilità della loro elaborazione. Rimangono inaccessibili, creano reazioni impulsive e risposte automatiche che si sottraggono al controllo. A volte, nel caso di traumi particolarmente forti, quando la reazione attacco o fuga non è possibile e rimane solo la paralisi, si  crea l’effetto opposto, il cortisolo viene regolato su livelli bassissimi, congelando il trauma, la persona e rendendola  apatica, priva di stimoli, incapace di reattività, scissa.

Un’amigdala sotto l’influenza del cortisolo tiene la persona in uno stato costante di vigilanza, e allerta, sente pericoli ovunque. Eccita il sistema simpatico. Occorre creare dei nuovi circuiti per circoscrivere e contenerne l’intensa carica dell’amigdala. L’allattamento lo calma.

 

Le conseguenze a lungo termine 

Se i circuiti del cortisolo rimangono a una regolazione scompensata, le conseguenze si protraggono per tutta la vita. Di seguito alcune condizioni patologiche che hanno origine nell’imprinting precoce:

–       Disfunzioni emozionali e psichiche

–       Depressione

–       Stati d‘ansia, pensieri di suicidio

–       Comportamenti subordinati, adattamento passivo

–       Disturbi dell‘alimentazione, obesità

–       Alcoolismo

–       Abuso sessuale (sia come aggressore che come vittima)

–       Riduzione della massa muscolare

–       Osteoporosi

–       Iperinsulinismo

–       Diabete

–       Malattie cardiaocircolari

–       Tumori

Una recente ricerca sulla depressione ha rilevato come sua causa un gene, il gene 5 HTT. Successive ricerche hanno suggerito, che questo gene si attiva solo in persone con un imprinting precoce ad alti livelli di cortisolo. In persone con attaccamento sicuro, rimane silente.

Problemi e patologie legate al nutrimento sono già osservabili nel primo anno di vita, sono infatti un segno di squilibri nella danza simbiotica, nel processo di attaccamento. I bambini con livelli alti di cortisolo tendono ad ammalarsi più spesso, manifestano comportamenti passivi, depressivi, rispondono scarsamente agli stimoli, o per contro, sono agitati, aggressivi e difficilmente contenibile.

La risposta a questi problemi è sostegno, tempo, dedicazione, contenimento, amore, investimento di risorse nel periodo primale. Secondo la Gerhardt, favorire la relazione genitori- bambino nel periodo primale è un modo molto più economico (e meno doloroso) per incrementare la salute mentale e fisica rispetto ai trattamenti degli adulti…. è di una semplicità scioccante.

 

Le implicazioni perla pratica: noi ostetriche abbiamo l’importante compito di prevenzione nel rendere la gravidanza libera da distress cronico, favorire un parto normale a termine, accogliere il bambino proteggendo la prima relazione tra mamma e bambino e nell’offrire un accompagnamento per tutta l’esogestazione.

Abbiamo anche un compito di cura: nei primi mesi dell’esogestazione, prima si parlava di nove mesi, recenti ricerche parlano dei primi 4, massimo sei mesi, è ancora possibile, recuperare molti di questi aspetti e abbassare i livelli di cortisolo. In pratica ciò significa che le madri in difficoltà hanno bisogno di una care intensiva, fatta di sostegno, contenimento, educazione, cure alla madre, trattamenti antistress, sostegno alla coppia, che restituisca loro strumenti di coping adeguati. E naturalmente significa allattare. Il latte materno con i suoi ormoni e cellule immunitarie è un grande armonizzatore dei sistemi fisiologici, con spiccate funzioni antistress e vagotoniche (ossitocina, prolattina, endorfine). I grassi acidi polinsaturi del latte materno giocano un importante ruolo nella formazione di neurotrasmettitori come dopamina, serotonina e nella formazione della corteccia prefrontale (adibita alle relazioni). Il sonno può ridurre leggermente i livelli di cortisolo. I bambini iperattivi portati nella fascia si addormentano  meglio e per più cicli brevi di sonno.

Il lavoro di madre, sempre con le parole della Gerhardt, è un’azione di grande rilevanza sociale  politica. Quindi dev’essere riconosciuto e sostenuto.

 

Stili di coping

Il coping del bambino in gravidanza e nel parto dipende da:

–       lo stato emozionale del bambino (paura o voglia di venire)

–       lo stato fisico (salute)

–       gli annessi fetali (cordone lungo, corto, rigirato)

–       dal livello di normo- o distress materno e ambientale

–       dalla reattività sensoriale e relazionale

 

Il coping del bambino dopo il parto dipende da:

–       com’è andata la gravidanza

–       il tipo di parto

–       il tipo di accoglimento

–       le separazioni subite

–       l’allattamento precoce

–       lo stato della  madre, dei genitori

–       i sostegni (o stressori) ambientali

 

Le risorse del bambino:

–       Le sue competenze fetali

–       La sua placenta

–       Gli ormoni materni

–       La sua competenza di nascere

–       La madre

–       Il padre

 

Il coping complessivo del bambino dipende dallo sviluppo armonico delle sue competenze endocrine, motorie, sensoriali, psichiche, emozionali e spirituali.

Il bambino piccolo non è ancora in grado di gestire da solo il suo cortisolo. Ha bisogno della madre per regolare il suo sistema reattivo. Tende naturalmente a mantenere bassi i suoi livelli di cortisolo, lo può fare finché qualcuno si prende cura di lui. Il contenimento relazionale gli permette di azionare le sue competenze. Eccone alcune:

Il bambino si forma apprendendo. Attraverso i suoi movimenti e sensi si orienta, si struttura, si esercita, si posiziona, si spinge in avanti, comunica, si esprime, immagina, sente, trova.

Attraverso le sue competenze psichiche e spirituali si propone, comunica attraverso i sogni e l’intuizione, agisce, attiva la relazione.

Attraverso le sue competenze endocrine cresce, si assicura le condizioni per vivere e per nascere, regola i ritmi biologici, instaura un dialogo biologico con la madre.

Praticamente è in grado di creare da solo le condizioni per formarsi e per nascere, ma allo stesso momento è in grado di dialogare con la madre e sincronizzarsi con lei a tutti i livelli, di assicurarsi le sue cure.

C’è un bel detto, che a mio avviso rende bene l’idea del coping del bambino: ogni bambino arriva con un pane sotto il braccio.

 

Stabilizzatori 

Potremmo identificare tra gli stabilizzatori del delicato ecosistema mamma bambino e dello sviluppo fisiologico della vita le componenti dell’ecosistema umano, le potenze ecologiche di madre e bambino. La prima potenza ecologica è il padre del bambino. Il suo ruolo non è solo importante per sostenere la donna, ma anche per stabilizzare il bambino che è per metà lui.

Altri stabilizzatori:

–       Un’assistenza fisiologica, che rafforzi le risorse endogene di donna e bambino, che offra strumenti di coping ad ambedue

–       Il sostegno continuativo

–       I gruppi pre e postnatali

–       Una politica a sostegno del lavoro di madre con la possibilità di stare con il bambino in gravidanza e almeno fino a un anno di vita

–       La protezione da interferenze e invasioni non desiderate, compresa la diagnosi prenatale

–       La lotta contro l’inquinamento ambientale e elettromagnetico

 

La nostra società dovrebbe accettare che per una buona qualità della vita e della salute, tutto il processo di maternità ha bisogno di rispetto, cure e coccole.

 

Bibliografia:

AA vari (2006): Onorare la madre, Quaderno di D&D n. 1, SEAO ed. Firenze

Bottaccioli F. (1996): Psiconeuroimmunologia, Red. Edizioni, Como

Gerhardt S. (2004): Why love matters, how affection shapes the baby’s brain, Routledge New York

Golemann D, (2006): L’intelligenza sociale, BUR ed. Milano

Nathanielsz P, (1999): Life in the womb:The Origin of Health and Disease, Promethean Press Ithaca, new York

Piccardi A. e al: (2007): Attachment security and immunity in healthy women, Psychosomatic Medicine, 69: 40-46

Schmid V. (2005): Venire al mondo e dare alla luce, percorsi di vita attraverso la nascita, Apogeo ed. Milano

Schmid V. (2007): Salute e Nascita, la salutogenesi in gravidanza, Apogeo ed. Milano

 

BOX

 

CHE COS’È IL COPING?

 

Significato: interagire in modo propositivo con gli eventi (stimoli)

 

Componenti: la capacità di coping dipende dalla qualità dei tre fattori del senso di coerenza:

–       Prevedibilità – orientamento

–       Maneggiabilità – strumenti per interagire con…

–       senso, significato emozionale – fiducia, motivazione, fede

 

per il bambino: quando capisco cosa succede, come funziona, quando sperimento i miei strumenti e ottengo risposta, quando mi sento amato e riconosciuto, la vita ha senso e può essere affrontata.

 

I bisogni del bambino:

–       essere orientato (dargli spiegazioni, rispondere ai suoi segnali)

–       essere messo in grado di usare le sue competenze

–       essere amato, accudito, accolto

 

 

Un caso clinico

Elisa è una giovane psicologa che lavora in un reparto di psichiatria in pronto soccorso. Aspetta il suo primo bambino. Presto il bambino le da segni di agitazione e Elisa sente vari dolori nel corpo, in particolare alla sciatica. Anche i movimenti del bambino li percepisce come dolorosi. Prova a restare qualche giorno a casa, ma non ce la fa a rimanerci anche se al posto di lavoro c’è apertura verso i suoi bisogni. Ha sempre lavorato tanto e si sente in colpa, rimanendo “inattiva”. A 36 settimane, improvvisamente muore la sua nonna alla quale era legata molto. Quest’evento coincide con un’assenza per lavoro di suo marito. Nonostante il lutto, il sovraccarico e il sostegno mancante lavora fino a 38 settimane e partorisce a 39 Alessandro a casa, con un parto violento, ma veloce, tipo vulcano. Alessandro viene accolto, allattato, ma piange spesso. Ha difficoltà ad addormentarsi e spesso, quando Elisa lo mette al seno, lo respinge con tutte e due le manine, urlando. Dà chiari segni di distress. Pian piano Elisa, che si dedica molto (è abituata al superlavoro), scopre che, se lo attacca al seno prima che piange dalla fame, prima che entri veramente in distress, Alessandro riesce ad alimentarsi bene e anche ad addormentarsi per brevi sonnellini. Parliamo insieme del problema. Elisa si rende conto dell’imprinting della gravidanza. Esploriamo insieme le buone possibilità di recuperare ancora la condizione di Alessandro e Elisa si organizza, porta il bambino sempre nel telo, con accesso libero al seno. Nel giro di un paio di mesi, Alessandro è molto più tranquilla, dorme quasi tutta la notte e la loro danza simbiotica si è armonizzata. Elisa si sente investita a tempo pieno nella maternità e non può neanche immaginarsi al momento di riprendere il lavoro.

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